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Svalutazione emotiva: conseguenze su di noi e sui figli

svalutazione emotiva - delegittimazione delle emozioni
Disciplina Dolce

Svalutazione emotiva: conseguenze su di noi e sui figli

Svalutazione emotiva e delegittimazione delle emozioni: che impatto hanno sui bambini e sul nostro rapporto con i nostri figli? E cosa è, nel pratico e con esempi concreti, la svalutazione emotiva e come non attuarla

La svalutazione emotiva, quell’insieme di parole e attitudini che tendono, non necessariamente in mala fede e con intento maligno, di togliere peso e legittimità alle emozioni degli altri, è una pratica purtroppo molto comune e assolutamente normalizzata nella società; in particolare, ci sono alcune emozioni che non sono mai del tutto legittimate, come la tristezza, la rabbia o sentimenti giudicati negativi (o solo, banalmente, scomodi).

Partiamo da questo per dire che è molto comune per noi genitori cadere in questa erronea e pericolosa attitudine anche con i nostri figli, proprio perché la elegittmazione delle emozioni fa purtroppo parte di ciò che ci circonda, e ci siamo abituati al fatto che sia normale (no, non lo è in realtà).

bimbo crisi di pianto


La buona notizia è che con un po’ di consapevolezza e attenzione possiamo invertire la rotta e aiutare i nostri figli nel loro sviluppo emotivo sereno e anche, in pratica, ad aiutare il mondo a diventare più empatico.

Cosa è la svalutazione emotiva verso i bambini?

La svalutazione emotiva nei confronti dei bambini è quell’insieme di attitudini e parole che i genitori e in generale gli adulti utilizzano verso i piccoli che manifestano delle emozioni ad esempio attraverso il pianto o momenti di rabbia o palese paura.
Frasi come “Non piangere, è da femminuccia”, “non piangere, sii forte”, “i bambini forti non piangono”, “non c’è niente di cui avere paura” sono solo alcuni esempi, tanto comuni quanto spesso inconsapevoli, di svalutazione emotiva.

Altre volte, il processo di delegittimazione di quello che provano i bambini, passa addirittura attraverso l’ignorare del tutto la manifestazione delle emozioni, lasciando piangere e fingendo di non sentire. Anche il questo caso, il messaggio che trasmettiamo è “nella vita, se manifesterai un’emozione non accettata socialmente, sarai solo”:

Nei bambini, le emozioni che vengono più spesso e sistemicamente non accettate e quindi delegittimate sono proprio

(come vedi dai link cui rimandano queste parole, ho approfondito già diversi di questi sentimenti, di cosa li muove e come legittimarli imparando a contenerli).

Questa prima riflessione ci porta al primo punto da considerare per evitare di svalutare le emozioni dei nostri figli, cioè:

dolci ai bambini come premio

Non riflettiamo i nostri archetipi e le nostre credenze sulle emozioni dei bambini.

Crediamo davvero che la tristezza o la delusione vadano ignorate? Crediamo davvero che chi è triste vada lasciato solo? Crediamo davvero che la rabbia debba essere sopressa in un eterno nodo alla gola invece di essere gestita e trasformata? Crediamo davvero che solo le “femminucce” piangano?
Se la risposta è no, possiamo iniziare a cambiare la società attraverso l’educazione che diamo ai nostri bambini.

Entriamo quindi nel pratico e lascia che ti indichi alcuni metodi pratici per imparare a legittimare e accogliere le emozioni dei nostri bambini, insegnando loro a gestirli e “gestarli”.

puoi ascoltare i contenuti di questo articolo nella puntata 86 del mio podcast

Ricorda che l’intensità delle emozioni di un bambino è più forte della nostra

Le emozioni dei bambini sono forti, abbiamo bisogno di conservare sempre questa consapevolezza.
Spesso persino noi non conteniamo la frustrazione e la rabbia e piangiamo (nascosti in bagno… perché sappiamo che lì fuori ci darebbero dei matti o instabili, e questo non è giusto perché continua a perpetrare il nostro senso di solitudine).
I bambini provano tutto questo in modo più forte e difficile da controllare.

Aiutiamoli a dare un nome e un’identità a quello che provano

Se tuo figlio piange o dimostra una paura a tuo avviso immotivata, se prova gelosia o sentimenti “scomodi” (dal nostro punto di vista), invece di chiuderci a riccio in un “Non piangere” o “non avere paura”, è più utile aspettare qualche secondo o minuto con lui, sedendoci in modo che il nostro viso sia all’altezza del loro e chiedere
“Cosa c’è? Hai paura?
Lo so, è difficile vero?
Vuoi che stia qui con te?”

Il concetto è: nominiamo con lui/lei questo sentimento, diamo un nome e pazientiamo che l’effetto cessi o diminuisca, anche grazie alla nostra presenza.

Impariamo a contenere le loro emozioni (così impareranno a farlo con noi)

“Contenere un’emozione” non vuol dire nascondere o reprimere.

Qui torna in gioco il potere contenitivo delle gestazioni: ciò che viene “contenuto” ha modo di evolversi, proprio come un feto nell’utero, e diventare umano.
Quest’azione richiede attesa.
Se tua figlia piccola ha paura di entrare in mare, dimostrare apertura e comprensione e poi, gradualmente e senza giudizio, avvicinarsi pian piano, anche nel corso dei giorni, all’acqua, è un’azione di contenimento e aiuto nella “gestazione” di un’emozione.

Distacchiamo le nostre aspettative dalle loro emozioni

Il fatto che tua figlia abbia paura dell’acqua ti preoccupa perché temi possa non superare mai questa paura (poco probabile) o perché tu sei notoriamente un’amante del mare e una nuotatrice professionista?
Ti dispiace di più che lei abbia paura dell’acqua o che gli altri bambini non sembrano avere paura, quindi attivi paragoni tra lei e gli e te e gli altri genitori?


Lavorare su noi stessi in queste fasi è importantissimo, uno degli aspetti in cui l’essere genitore diventa una reale possibilità di crescita. A tal proposito, soffermati a leggere le risorse

terribili due

La svalutazione emotiva non ci aiuta a costruire un rapporto sano con i nostri bambini

Vorremmo dei bambini, e poi dei figli adolescenti, che ci raccontano la loro vita, che ci parlano delle loro cotte e dei loro amori, che ci parlano a cuore aperto della paura dell’interrogazione o della paura di ingrassare?

Immagino di sì, perché è indicativo di un rapporto di fiducia con le figure di riferimento.
Un rapporto di questo tipo nell’adolescenza parte nell’infanzia, in un genitore che rispetta la paura, la tristezza, in un genitore che non deride, che non minimizza, che non giudica, ma che accompagna nella scoperta e nell’accettazione di tutte le emozioni, anche quelle più forti, anche quelle più scomode.

Chiudo con 3 concetti chiave da ricordare nella costruzione del tuo rapporto di fiducia con i tuoi figli e per accompagnarli in un rapporto sano con le proprie emozioni.

  1. consapevolezza del fatto che le emozioni hanno bisogno di essere manifestate e gestite;
  2. metterci nei panni dei nostri figli, che hanno emozioni di una potenza diversa dagli adulti e minore capacità di riconoscerle.
  3. guardare il lungo termine: accettare le loro emozioni oggi, vuol dire avere in futuro figli che si fideranno sempre di noi non solo su un piano pratico, ma come supporto emotivo.

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