Come farsi ascoltare dai bambini: errori comuni e risorse (quasi) infallibili

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Disciplina Dolce

Come farsi ascoltare dai bambini: errori comuni e risorse (quasi) infallibili

Come farsi ascoltare dai bambini (e anche dagli adulti): quali errori facciamo inconsapevolmente? Quante cose possiamo migliorare? Ecco alcuni segreti di una comunicazione efficace con i bambini, utile per genitori ed educatori.

A volte (dai, diciamo anche spesso?) abbiamo la sensazione che i bambini non ci ascoltino. Chiediamo loro un favore, con dolcezza, si girano e fanno altro.
Diamo loro un’indicazione (o un “comando”) con fare assertivo, ma è come se fossimo aria, non fanno quello che abbiamo detto e abbiamo anche la tangibile sensazione che ci stiano sfidano e prendendo in giro: che non ci rispettino.

Prima riflessione/domanda per te: quanto spesso questo ci accade anche con gli adulti?

Le indicazioni che ti darò oggi in questo articolo hanno a che fare con la comunicazione con i più piccoli, per imparare come farsi ascoltare dai bambini, ma sono riflessioni valide anche per ripensare alla tua comunicazione con gli altri, con gli adulti.

In aggiunta, ti vorrei invitare ad iscriverti mio corso “Impara a comunicare per farti ascoltare” in cui parleremo proprio di questo: come comunicare con gli adulti, come comunicare con bambini e come costruire relazioni di valore.

Scopri di più!

Elena Cortinovis pedagogista


Differenza tra saper parlare e saper comunicare

Spesso ci sentiamo frustrati quando non riusciamo a far capire quello che vogliamo o che proviamo e questo disagio si trasferisce a quando parliamo con i piccoli, che siano nostri figli o i bambini che co-educhiamo negli asili e nelle scuole.

Il punto è che abbiamo imparato a parlare, ad esprimere a parole le cose che vediamo, i sentimenti, le cose concrete e astratte della vita, abbiamo letto e studiato tanto ma… non ci siamo mai davvero soffermati su un punto nodale:

La comunicazione non è fatta solo di parole. Anzi, le parole non sono neanche il 30% di una buona comunicazione.

La comunicazione è fatta di sguardi, di movimenti del corpo, di movimenti dell’anima o moti empatici e di contesti ai quali la nostra comunicazione si deve adeguare per essere efficace.
Per questo la stessa frase non avrà lo stesso effetto a seconda del contesto in cui la diciamo, del movimento o dello sguardo che abbiamo quando la diciamo e, soprattutto, non ha lo stesso effetto a seconda del vissuto e dell’esperienza della persona con la quale parliamo.

come comunicare


Come farsi ascoltare dai bambini: Osservazione e comprensione del (loro) momento

Già sappiamo che fra adulti una richiesta avrà più o meno effetto a seconda del livello di attenzione dell’interlocutore in un dato momento; immaginate quanto questa discriminante sia amplificata con i bambini, che ricevono tantissimi stimoli nuovi e vivono fortemente calati nei momenti della giornata.

Se chiediamo qualcosa ad un bambino in piena fase di Flow (il suo flusso creativo, importantissimo per la sua crescita) è ovvio che non avremo ascolto e concentrazione.
E allora che fare? Comunicare con i piccolo solo quando non stanno giocando? Certo che no!

Prima di dire qualcosa, cerchiamo di capire il momento che sta vivendo il bambino, e adeguiamo la nostra comunicazione a quel momento specifico.

Anche tra adulti, facciamo due errori ricorrenti: o rimandiamo qualcosa che abbiamo da dire “al momento più opportuno” (tenendoci così dentro più di quanto dovremmo e non dicendo mai di cosa abbiamo bisogno), oppure diciamo quello che sentiamo senza tenere conto del contesto in cui lo diciamo.

La comunicazione è strettamente legata al contesto: impariamo a esprimere quello che dobbiamo esprimere, adeguando tono, prossemica e approccio al momento in cui lo vogliamo dire. Siamo più flessibili di quello che crediamo, con il giusto allenamento (e i consigli del mio corso) ce la puoi fare anche se sei una persona che “si tiene tutto dentro” o “non riesce a farsi ascoltare”.

Ascolto attivo

disciplina dolce - elena cortinovis


Quante volte abbiamo detto la frase “Guardami negli occhi”, chiedendo al nostro interlocutore un contatto sincero che andasse oltre le parole?

Guardare negli occhi è fondamentale per stabilire un canale comunicativo, con adulti e bambini.

Bene, con i bambini se vogliamo stabilire questo fortissimo contatto comunicativo… dobbiamo abbassarci (sì, proprio fisicamente).
Il contatto occhi con occhi li mette maggiormente “in presenza” e in connessione con te e oltre che maggiore ascolto ci sarà maggiore empatia.

Giocare con loro

come farsi ascoltare dai bambini


Soprattutto quando vogliamo farci ascoltare per le cose pratiche, tipo “adesso andiamo a nanna”, oppure “non puoi mettere questa maglietta perché fa freddo e serve il maglione”, o ancora “adesso è ora di mangiare”, il gioco ci viene in aiuto.
Molto spesso i bambini non fanno le cose giuste perché loro non hanno ancora ben chiari alcuni concetti come il tempo (quando si mangia, quando c’è la nanna) o il clima.

In questi casi il gioco può venire fortemente in aiuto: il maglione può diventare il mantello dell’invisibilità contro il freddo, e può diventare più “appealing” della maglietta gialla.

In altri casi, la fantasia va di pari passo con le routine e, come spiegato in questo articolo, le routine sono una mano santa per far fare ai piccoli le “cose giuste” della quotidianità.

Approccio non giudicante


Questo è forse il punto che mette più in comune la comunicazione con i piccoli e la comunicazione con i grandi.

Abbiamo mai ottenuto realmente qualcosa mettendo il nostro giudizio e commenti di merito e demerito nelle nostre parole e nei nostri atteggiamenti?

Quello che a noi sembra stupido e sbagliato potrebbe non esserlo per il nostro interlocutore, che sia un bambino o che sia un adulto.
Entriamo qui nei principi della comunicazione non violenta, che mette osservazione, bisogni ed emozioni al centro.

elena cortinovis soffia su una candela


Darsi il giusto tempo

Spesso la comunicazione, soprattutto nelle famiglie e negli asili, avviene di corsa, lanciando frasi o comandi da un angolo all’altro della stanza.

Se quello che vogliamo dire e far fare è davvero importante, fermarsi dieci secondi e prendersi il giusto tempo per osservare, sposarsi, mettersi in contatto visivo/empatico con il bambino (ma anche con un adulto) ripaga il tempo dell’attesa.

Darsi il giusto tempo e metodo è anche quello che serve per imparare a comunicare: non si tratta certo solo dell’esigenza di dare ordini o far fare cose che a noi tornano utili.

Comunicare vuol dire soprattutto trasmettere come ci sentiamo, i nostri stati d’animo, che possono spiegare meglio le nostre azioni e richieste.

L’arte di comunicare bene va a braccetto strettissimo con l’arte del buon vivere. Impariamola noi, per insegnarla anche ai nostri piccoli.

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