Coccolare senza viziare è possibile?

coccolare senza viziare
Disciplina Dolce

Coccolare senza viziare è possibile?

Coccolare senza viziare, accontentare un bambino quando piange, senza viziarlo, prenderlo in braccio quando vuole e non lasciarlo solo quando non vuole dormire… è davvero possibile?

Siamo all’alba del 2024 è ancora esiste, in alcuni educatori e pedagogisti, scuole dell’infanzia, famiglie, la credenza secondo cui l’accoglienza delle emozioni possa “viziare” i bambini, abituarli “troppo bene”.
Nonostante anni e anni di ricerche e studi approvati che dimostrano il contrario, sento ancora dire, anche nelle consulenze che svolgo nelle scuole per l’infanzia, che

“Se piange perché non vuole dormire, meglio lasciarlo piangere finché non si calma e addormenta”
(addirittura ci sono consulenti del sonno con metodi duri a morire, a mio avviso medievali, che insistono su lasciar piangere i bambini un tot di minuti per abituarli al sonno: state alla larga da chi ha questo approccio, per il bene dei vostri figli).

“Se il bambino ha una crisi di pianto, meglio ignorarlo”
(metodo nella memoria di chi seguiva alcune educatrici di un vecchio – appunto – format come S.O.S. Tata)

“Se piange non prenderlo sempre e subito in braccio, se no poi si abitua”

“Se lo prendi in braccio ogni volta che piange, lo vizi”.

Puoi ascoltare i contenuti di questo articolo anche nell’episodio 93 del mio podcast

Dal momento che stiamo per toccare principi base e fondanti della Disciplina Dolce, come alto contatto, accoglienza, contenimento, accettazione delle emozioni, meglio partire dalle basi per capire bene il ragionamento:

Cosa intendiamo per “viziare”?

Ciao, io sono Elena Cortinovis,
pedagogista e formatrice, mamma di Letizia e Ginevra, gemelle monocoriali.

Da anni mi occupo di divulgazione e formazione con particolare attenzione ai principi della Disciplina Dolce.

Ho pubblicato con Fabbri Editori la guida pratica

A Cuore Acceso – consigli, giochi ed esercizi per vivere sereni in famiglia con la Disciplina Dolce

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Il vizio fa parte della vita degli adulti.
Per vizio si intende l’incapacità si svincolarsi da atteggiamenti nocivi all’individuo e alla collettività o comunque ritenuti socialmente errati.

Definizione Treccani;

vìzio s. m. [dal lat. vitium «vizio»; cfr. vezzo]. – 1. Incapacità del bene, e abitudine e pratica del male; […]
2. a. Abitudine profondamente radicata che determina nell’individuo un desiderio quasi morboso di cosa che è o può essere nociva: avere il v. di beredi fumare, o anche il v. del vinodel fumoacquistareperdere il v. del giocolevare a qualcuno il v. di mentirev. solitario.

Possiamo serenamente convenire che il bisogno di amore, la necessità di essere accolti e ascoltati, l‘attitudine ad esprimere i propri bisogni, fiduciosi che qualcuno possa ascoltarli e/o contenerli senza giudizio non sono un vizio.

Al ché, molti della vecchia scuola potrebbero risponderci: “Ma il vizio cui ci si riferisce quando si parla dei bambini è il capriccio”, altro termine abusato per spiegare il 90% degli stati d’animo per noi scomodi dei nostri bambini.
Il capriccio non esiste: il capriccio è la manifestazione di un’emozione e di una necessità. Il punto non è dover o poter sempre e in ogni caso accontentare la necessità di un bambino, ma ascoltare e accogliere tale necessità, compresa la frustrazione di non poterla accontentare, senza giudizio.

Sulla decostruzione del concetto di capriccio, puoi leggere questo approfondimento.

Alto contatto e accoglienza: servono all’evoluzione del sistema nervoso

fiducia dei bambini

Studi scientifici ormai affermati, validati e noti, dimostrano che i mammiferi hanno bisogno di contatto fisico per ragioni evolutive e fisiologiche; il contatto con la madre o la figura accudente e/o nutrente serve alla sopravvivenza della specie.

Secondo questi studi, l’alto contatto

  • aiuta lo sviluppo e regola il sistema nervoso dei mammiferi
  • forgia i modelli di attaccamento più sani
  • fa maturare senso di sicurezza e ottimismo
  • facilita il rilascio di ossitocina, ormone della calma e lenitivo del dolore
  • regola e riduce il rilascio di cortisolo, ormone dello stress che rende i bambini più cagionevoli e rallenta la crescita

Questi effetti positivi dell’alto contatto ha ovviamente un effetto fortissimo sullo sviluppo del bambino, ma ha effetto anche sul genitore che lo attua.

Alto contatto: ben oltre l’allattamento

alto contatto papà

Un altro falso mito è che per praticare l’alto contatto e portare tutti i benefici menzionati nei nostri bambini, bisogni (solo e per forza) allattare naturalmente. In realtà l’allattamento al seno è una condizione non necessaria e non sufficiente per essere genitori ad alto contatto (anche i maschi, per intenderci, oltre che le femmine che non possono allattare, possono essere genitori ad alto contatto).

L’alto contatto passa, infatti, attraverso

  • prendere in braccio e portare in braccio (anche ma non esclusivamente, con l’ausilio del baby wearing)
  • contatto visivo frequente (guardare negli occhi, abbassarsi all’altezza visiva del bambino quando vogliamo comunicare ecc.)
  • gioco fisico (finta lotta-coccole giocose,
  • carezze e abbracci
  • frasi accoglienti, non svalutanti (qui abbiamo parlato di svalutazione emotiva e delle sue conseguenze sui nostri piccoli)
  • accogliere e contenere le emozioni e il pianto (se piange, non lasciarlo piangere solo, ma prendere in braccio se è molto piccolo, attendere che passi una crisi di pianto seduti accanto al bambino ecc.)

Leggi anche Crisi di pianti e urla del bambino: come gestirle?

Coccolare senza viziare: a cosa li stiamo abituando?

Se un bambino piange perché non vuole dormire e i genitori lo ignorano, è vero che prima o poi smetterà di piangere e (forse) dormirà, ma oltre a dormire dopo una scarica di stress (cortisolo, ormone alla base dei disturbi del sonno in età infantile e adulta) ma il suo cervello e le sue sinapsi matureranno lo schema
esprimo un’emozione/comunico –> nessuno mi ascolta –> sono solo –> non serve esprimere le mie emozioni –> non posso fidarmi delle mie figure di riferimento.

Se il lasciar piangere diventa una prassi sistemica, dall’età della culla all’infanzia, attraverso l’approccio del “vai nell’altra stanza da solo e rifletti”, stiamo di fatto abituando i nostri bambini alla solitudine e all’abbandono.

Dunque, coccolare molto, prendere “troppo spesso” in braccio quando piange, è viziare?

No, perché volere attenzione e amore, il bisogno di accoglienza, conforto e ascolto dalle persone importanti non è un vizio.

Se lo prendi sempre in braccio quando piange, poi si abitua

Vero.
Si abitua all’idea che c’è sempre qualcuno lì pronto ad accogliere, contenere, proteggere, capire, anche quando non può accontentarlo in toto.

Come “vizio”, non è poi così male.

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