Genitori apprensivi o genitori che lasciano correre, sudare, saltare: quale dei due approcci è davvero rischioso? Adesso ti spiego perché l’iper prudenza dei genitori è, nel breve, medio e lungo termine molto più pericolosa di un genitore che lascia sperimentare corpo e mondo… anche mettendo in conto un ginocchio sbucciato.
Se vuoi, puoi ascoltare i contenuti di questo post anche nell’episodio 28 del mio podcast
Attento non correre!
Vai piano!
No, no, no, scendi subito da lì che cadi!
No, dammi la mano perché qui è molto pericoloso.
Alzi la mano chi almeno una volta tra ieri e oggi ha detto qualcosa di simile per cercare di salvare i propri bambini da un ipotetico pericolo.
Vi faccio una confessione: anche io sono, per formazione e in modo del tutto irrazionale, iper protettiva.

Ho uno spiccato senso di protezione che proviene in larga misura dall’ambiente familiare (a sua volta apprensivo) nel quale sono cresciuta, a differenza di mio marito che è più propenso a lasciar correre qualche pericolo controllato, pur di lasciare sperimentare il mondo, in modo quanto più sereno possibile, le nostre piccole (per chi non lo sapesse, oltre che pedagogista sono mamma di due gemelle di quattro anni). Anche il suo approccio proviene dall’infanzia, dal momento che è cresciuto in una famiglia che gli permetteva di sperimentare, salire sugli alberi, toccare cose, capire i limiti tra il suo corpo e l’esterno.
Già qui vediamo due effetti a lungo termine di un approccio pedagogico iper protettivo: io ho dovuto lavorare molto su me stessa e sulle mie paure di tutto per lasciar sperimentare il mondo serenamente alle mie bambine, spesso ho paura di lasciar loro fare cose in realtà normali e di certo la mia formazione in pedagogia mi ha aiutata.
Eppure io ho ancora oggi paura praticamente di salire su qualunque giostra.
Vediamo gli effetti a breve e medio termine di un’educazione basata sull’iper apprensività, sul non far toccare nulla perché “è sporco”, il non far prendere nulla da terra, il non far salire sullo scivolo al contrario, il continuo “fermo che così ti fai male”.
L’iper apprensività
- nega ai bambini la possibilità di conoscere bene e realmente i limiti tra il loro corpo e il mondo fuori, rischiando di causare danni persino maggiori a lungo andare;
- nega lo sviluppo dell’autostima e dell’autonomia, dando ai bambini l’idea che senza i genitori sono costantemente in pericolo, idea che in molti casi arriva fino all’età adulta;
- non permette ai bambini di capire cosa caratterizza un reale pericolo e cosa no, dal momento che sono abituati a percepire tutto come inutilmente pericoloso. In pratica, avere dei genitori iper apprensivi metta in realtà il bambino in situazioni di maggior pericolo.
La soluzione alternativa nella disciplina dolce insieme alla pedagogia del rischio.

Che cosa è la pedagogia del rischio?
La Pedagogia del Rischio è un approccio pedagogico che ci insegna a dare un’opportunità di crescita ai nostri bambini anche attraverso il rischio.
La Pedagogia del rischio NON vuol dire che dobbiamo dare un mano un accendino o un coltello affilato ad un bambino, aspettando che si faccia male o che dia fuoco alle cose.
Non vuol dire che dobbiamo essere disattenti o indifferenti mentre i nostri bambini giocano al parco o farli saltare su un cornicione affinché imparino a non soffrire di vertigini.
Invece la pedagogia del rischio prevede, ad esempio,
- una maggiore libertà nel contatto con la natura o con gli elementi (abbandoniamo l’idea che la pioggia sia, automaticamente, un raffreddore, perché non è così),
- l’accettare che il bambino possa farsi male, possa farsi un livido o sbucciarsi il ginocchio, accettare che sì, se l’acqua del ruscello non è pulitissima potrebbe prendersi una congiuntivite. Capita, si cura, si impara.
- valutare lucidamente il rischio reale che corre un bambino, prima di intervenire. (l’azione che sta facendo può realmente portare ad un reale rischio? O nella peggiore delle ipotesi si sbuccerà un ginocchio?)
Se i bambini corrono dei rischi, impariamo a comunicarlo bene

Chi mi segue da un po’ lo sa: per me la comunicazione è importantissima nella pedagogia e anche nella crescita personale, come individui e come genitori.
La Comunicazione non violenta e la comunicazione efficace per farsi… dar retta dai bambini sono importanti anche per invitarli a cercare di non farsi male a tutti i costi, ma con modalità tali da non creare dei limiti troppo forti.
Se invece che dire
“Scendi che cadi” (urlando) diciamo
“Scendi con un salto verso mamma o con la mano, guarda che è molto alto, puoi cadere”, stabiliamo un dialogo, un contatto, diamo una soluzione alternativa.
Per altro, i bambini hanno fiducia in quello che dice il genitore e se il genitore dice “guarda che cadi” lui continuerà a svolgere quell’azione… finché la profezia del genitore non si avvera.
Se impariamo a comunicare in modo ponderato e realistico anche la presenza di un rischio, insegniamo – attraverso il buon esempio – a valutare razionalmente e senza ansia il normale rapporto causa effetto che può esserci tra azione e rischio.
Ricalcolo dei rischi: cosa è davvero pericoloso?

Fateci caso: noi genitori apprensivi abbiamo paura di un gradino, di un albero, di una corsa troppo veloce in bici o al parco. Ma non abbiamo la stessa paura nei confronti di tablet e tv, che sono riconosciuti come strumenti pericolosi per i bambini.
Ci preoccupiamo perché sale su un’altalena da solo,
La nostra apprensione si colloca su tutto quello che è pericolo fisico, corporeo, immediatamente percepibile.
Invece, io vorrei che imparassimo a far nostra le parole di H.H. Dreiske
“Dovremmo insegnare ai bambini a danzare sulla fune, a dormire di notte da soli sotto un cielo stellato, a condurre una barca in mare aperto. Dovremmo insegnare loro ad immaginare castelli in cielo, oltre che case sulla terra, a non sentirsi a casa se non nella vita stessa ed a cercare la sicurezza dentro se stessi”