“Mio figlio non mi rispetta e non ascolta e fa sempre il contrario di quello che dico!”. Come farsi rispettare dai piccoli?
Perché i tuoi figli piccoli non ti rispettano?
Chiedi di rimettere a posto i giochi ma loro ti guardano e… fanno l’esatto contrario.
Dici loro di “non toccare quella cosa” e loro ti guardano con occhi di sfida, stavolta ridacchiando, e la toccano.
Ma davvero lo fanno per una forma di disrispetto di te come genitore e “autorità”? Davvero i bambini, soprattutto al di sotto dei sei anni, fanno delle azioni per farci un torto, con il consapevole intento di farci arrabbiare?
Prima di darti un elenco di consigli su come farti rispettare dai tuoi bambini è bene che ti dica, per cambiare già da subito il punto di vista con cui affrontare il problema, che i bambini non vogliono MAI farci un dispetto o un torto.
Il loro cervello non è maturo e spesso non sanno neanche loro il motivo per cui fanno un’azione che ci fa arrabbiare.
Non solo: ricorda che la sfida, il dispetto, l’azione fatta con il chiaro intento di ferire o dar fastidio sono costrutti adulti, non appartengono al mondo cognitivo dei bambini.
Tra i miei corsi uno si chiama proprio “Mio figlio non mi rispetta” e affronta nel dettaglio tutte le cose delle quali parleremo a breve.
Non dobbiamo “farci rispettare” ma farci riconoscere come guida
Non è semplice retorica quando noi educatrici, insieme a filosofi e psicologi dello sviluppo, diciamo che l’esempio è la migliore forma di educazione.
Su un piano cognitivo un bambino non sempre può capire un comando e, al di sotto dei quattro anni, i bambini non hanno il senso della consequenzialità delle azioni.
Per cui, se ancora pensate che una botta sul culetto possa fargli ricordare che “disordine dei giochi uguale sculacciatina, quindi non lo faccio più”, mi dispiace ma per la scienza cognitiva siete fuori strada.
La botta sul culetto sarà solo un momento di umiliazione che il piccolo non può né capire né giustificare e potrebbe crescere con l’idea che, di tanto in tanto, i genitori lo umiliano senza motivo.
Quello che invece resta nella memoria di un bambino solo le azioni dei genitori; i ricettori specchio, fondamentali per il loro sviluppo e sopravvivenza nei primi anni di vita, fanno sì che essi imitino le azioni dei genitori.
Se la mamma e il papà riordinano ritualmente dopo aver fatto qualcosa, loro imiteranno.
E invece cosa facciamo noi? Oggi mettiamo a posto i giochi mentre i bimbi cenano e domani, all’improvviso, senza averlo mai fatto insieme, chiediamo loro di farlo, pena la punizione se non lo fanno.
Se vogliamo che facciano qualcosa, facciamo prima noi (anche con loro).
Essere autoritari non funziona. Essere autorevoli sì
Dei sette moduli del video corso “Mio Figlio non mi rispetta” , uno è interamente dedicato a come smettere di calarsi nell’inutile e deleterio tentativo di essere autoritari e diventare autorevoli.
Per essere autorevoli, oltre a dare il buon esempio e usare un tipo di comunicazione specifica (della quale parliamo tra un attimo), è necessario anche essere coerenti e costanti.
Se decidiamo che ogni sera, dopo la cena, arriva l’ora del pigiamino e della nanna, è bene che questo diventi un rito costante e coerente.
Dire oggi una cosa e poi non metterla mai in pratica se non saltuariamente, magari dopo una sgridata, difficilmente potrà funzionare.
Inoltre, i bambini amano i riti, hanno bisogno della ripetitività delle cose perché, in un mondo che è per loro costante scoperta e novità, avere dei punti fermi permette loro di non sentirsi in balìa di una vita con troppi imprevisti.
Il capriccio/dispetto è un iceberg: dobbiamo sapere cosa c’è sotto
Al che voi direte: Sì, Elena, io ci provo a mettere i bimbi a letto alle nove, ma loro fanno i capricci.
Allora, sfiancate, molliamo la presa.
I bambini fanno i capricci perché nelle loro testoline avvengono tante cose, tanti cambiamenti; spesso neanche loro sanno il motivo per cui dicono di non voler fare qualcosa.
Quando fanno un capriccio, non ti ascoltano e fanno una scenata non è per sfidarti: lo fanno anche perché hanno bisogno di una tua reazione. Ma non qualunque reazione.
“Adesso vai a letto altrimenti botte/non ti parlo più/non ti voglio più bene” è una comunicazione che non li porterà a letto nel giusto orario e se lo farà… potrebbe creare dei vuoti emotivi difficili poi da sradicare.
Errori di comunicazione
E allora, cosa possiamo dire se il bambino scappa perché non vuole andare a letto, piange quando lo prendiamo in braccio per portarlo a fare il bagnetto?
Ad esempio “lo so, non ne hai voglia, è noioso, ma dobbiamo farlo” (dobbiamo, non DEVI).
Quando hanno una crisi, dimostrare loro vicinanza è più utile che mostrare la “legge” astratta del “fallo perché lo dico io”:
Abbiamo già parlato in un precedente articolo di come avere una comunicazione efficace e benefica, con tutti e con i bambini.
La comunicazione fatta di pretese, senza empatia, è dimostrato che non porti reali risultati, se non semplici momentanei palliativi.
La comunicazione, per essere compresa dai piccoli, deve essere fatta di messaggi semplici, diretti, ripetibili e riconoscibili.
Quando mi dice un insulto o una parolaccia bisogna redarguirlo subito? No!
Si dice che appena dice una parolaccia o ci dice un insulto, bisogna redarguirlo e magari punirlo, così capisce che non si fa.
Sarebbe così se i piccoli avessero un cervello complesso e formato come quello di un adolescente o adulto, ma così non è.
Quando un bambino al di sotto dei tre anni dice una parolaccia
- è perché l’ha sentita da altri (forse anche dai genitori),
- non è consapevole dello stigma sociale o del concetto di giusto/sbagliato dietro ad una parola,
- come in ogni azione che fa, vuole capire se e quali reazioni provoca.
Se gli scappa una parolaccia, meglio non avere reazioni forti e improvvise nell’immediato (risate, rimprovero, indignazione), perché il piccolo vedrà una reazione e attenzioni degli adulti/genitori, cose per lui ancestralmente vitali che comunque non si saprà spiegare.
Meglio rispondere in modo pacato correggendo la parola, spiegando in modo semplice perché non è adatta alla situazione.
Forse non capirà nell’immediato, ma il piccolo non assocerà subito la parola ad una tua reazione forte… e quindi non riuserà la stessa parola per provocare un’emozione o meglio un’attenzione.
La mancanza di rispetto è… un errore di percezione e di approccio
Spesso noi genitori, non per cattiveria ma perché “si è sempre fatto così”, applichiamo sui piccoli degli archetipi adulti, che loro non capiscono.
Pensiamo che non ci ascoltino e non obbediscano per mancanza di rispetto mentre lo fanno
- perché non ci hanno capiti (non siamo stati chiari),
- non interiorizzano la nostra richiesta (non abbiamo dato esempio).
Soprattutto, continuiamo a pensare all’educazione dei piccoli come una lotta, una gara fatta di comandi e ubbidienza, di differenza tra chi dice cosa fare e chi lo deve fare.
In realtà la genitorialità è un processo di crescita insieme, in cui i genitori devono essere delle guide affidabili e sicure, disposte ad ascoltare e imparare dai piccoli, partendo dai loro bisogni.