Quante mamme hanno sognato di portare il proprio bimbo avvolto in una morbida fascia? Magari vedendo immagini idilliache di bambini che dormono beati sul cuore dei loro genitori.
Pensando che quella fosse la soluzione giusta per loro, per avere sempre il proprio bimbo tranquillo vicino, ed essere libere di dedicarsi anche a se stesse, alla casa, o a un hobby.
Ma…. poi quando si sono cimentate a loro volta si sono trovate davanti neonati urlanti che mostravano fortemente il loro disappunto!!
Mio figlio non vuole stare in fascia!
Tranquille! È una situazione più comune del previsto.
Ma è possibile che esistano bambini che non gradiscano affatto l’essere portati?
È possibile certo, ma è poco probabile.
Più probabilmente dobbiamo andare ad indagare altri fattori.
E quindi, perché il mio bimbo non vuole proprio stare in fascia? Urla, si dimena, si agita, punta gambe e braccia e si spinge lontano da me?
La soluzione.
Potrebbero esserci ragioni molto banali e facilmente risolvibili per un comportamento del genere, come invece motivazioni più profonde, sulle quali lavorare come triade (mamma, papà, bambino).
Banalmente il bambino potrebbe avere il pannolino sporco e la posizione seduta potrebbe infastidirlo.
Oppure potrebbe avere una tutina un po’ stretta e la posizione rannicchiata potrebbe non dargli modo di muovere liberamente gambe e piedi ed essere motivo di fastidio.
Il bambino potrebbe essere stato messo in fascia quando era già agitato e la situazione nuova potrebbe aver aumentato la sua agitazione.
Oppure, ancora, il bambino è troppo vestito e ha caldo (ricordate che la fascia è uno strato ulteriore di tessuto che i nostri bambini si trovano ad avere addosso).
Uno dei motivi più comuni del disappunto dei bambini, però, resta sempre l’agitazione del genitore e la sua poca confidenza con il supporto porta bebè.
I genitori tendono a preoccuparsi molto quando vogliono portare il proprio figlio in fascia, cominceranno a chiedersi:
“E se non gli piacesse?”
“Gli sto facrndo male?”
“Se fosse pericoloso?”
“Lo sto posizionando bene?”
”Starò facendo la cosa giusta?”
Che i bambini sentano tutta la preoccupazione dei genitori è indubbio e tenderanno ad agitarsi a loro volta.
A queste preoccupazioni spesso si somma il fatto che le prime volte i genitori saranno lenti nel legare e i bambini potrebbero spazientirsi in fretta, oppure, le loro mani poco esperte e il respiro spesso trattenuto per la concertazione nel ricordare tutti i passaggi potrebbero essere motivo di allarme per il bambino.
Pensate se qualcuno vi proponesse di entrare in un luogo nuovo e sconosciuto e vi facesse capire che quella nuova condizione lo rende molto nervoso e impaurito, entrereste in quel luogo volentieri?
Ecco, la stessa cosa vale per i nostri bambini. Se il posto dove mi vuole mettere la mamma non fa stare tranquilla la mamma stessa come posso io rilassarmi se sento tutti i suoi muscoli tesi?
Per ovviare a questa condizione che è spesso del tutto normale, l’aiuto di una professionista del babywearing che possa guidare i genitori le prime volte, rassicurandoli e correggendo eventuali errori, può far davvero la differenza.
Un altro motivo di insofferenza che si verifica molto spesso potrebbe essere legato al momento giusto.
Quello non è il momento giusto per il bambino per essere messo in fascia. Le mamme inconsapevolmente a volte tendono ad utilizzare il babywearing come un mezzo per soddisfare un loro bisogno, pensando invece erroneamente di soddisfare un bisogno del loro bambino.
Ad esempio, una mamma ha proprio bisogno che il suo bambino stia tranquillo perché deve lavare i piatti, il bimbo invece richiede la presenza e l’attenzione del genitore, e da qui l’idea: lo metto in fascia!
Così quella mamma pensa di poter lavare i piatti tranquilla e soddisfare al contempo il bisogno del bambino.
E allora perché il bambino piange e non vuole stare in fascia?
Perché quello non era il momento giusto per lui per essere portato, tanto più da un genitore statico, fermo a lavare i piatti. Quello era il momento giusto per la mamma, il bisogno del bambino in quel momento era probabilmente un altro.
Ricordiamo che i bambini gradiscono il movimento, specialmente nella direzione verticale, il movimento tipico della camminata.
Difficilmente i bambini riusciranno a rilassarsi e ad abbandonarsi al sonno se il genitore è fermo. Per questo motivo tempi di legatura troppo lunghi, dovuti all’insicurezza del genitore, molto spesso sfociano nel pianto del bambino. Una delle cose che i genitori dovrebbero imparare presto è legare stando in movimento.
Il babywearing è sempre una relazione a due.
Sicuramente è un mezzo meraviglioso per soddisfare al contempo i bisogni del genitore e del bambino. Ma non sempre questi bisogni coincidono, la prima attenzione deve essere sempre rivolta all’ascolto del nostro bambino. Se un neonato di pochi giorni generalmente accetterà sempre di buon grado la fascia, a due mesi, ad esempio, potrebbe mostrarsi insofferente in alcuni momenti della giornata. Quando comincerà a gattonare e poi a camminare, potrebbe invece fare dei veri e propri scioperi della durata di qualche giorno trovandosi in una fase di estrema scoperta di sé e del mondo. Il babywearing è una grande risorsa ma deve essere sempre messa al servizio dei bisogni dei nostri bambini perché sia efficace.
A volte i bambini non gradiscono essere portati semplicemente perché quello non è il supporto adatto a loro o quella non è la legatura giusta. Potrebbe trattarsi di un supporto troppo contenitivo, troppo elastico e poco stabile, troppo grande o troppo piccolo, potrebbero gradire maggiore visibilità o una posizione diversa, un supporto più morbido che permetta di rilassare meglio la schiena, ecc ecc. Anche in questo caso affidarsi ad una professionista del babywearing potrebbe aiutare a scorgere il problema più facilmente.
A proposito di posizioni del portare, invece, ci tengo a sottolineare che la posizione cuore a cuore è spesso gradita esclusivamente dai neonati nei primissimi mesi di vita (per poi tornare in alcuni periodi durante la crescita). Poi, complice la grande curiosità nei confronti del mondo, potrebbe essere più adatta e gradita la posizione sul fianco o sulla schiena. Mi è capitato davvero frequentemente di assistere genitori che lamentavano l’insofferenza del bambino nei confronti della fascia e scoprire ben presto che il vero problema non era la fascia, ma la posizione. Questo è un aspetto da tenere in grande considerazione.
Abbiamo tenuto in considerazione tutti gli aspetti fin qui discussi? Ma il tuo bambino continua a mostrarsi molto irrequieto e insofferente ogni qualvolta messo in posizione fisiologica in un supporto portabebè? Questo potrebbe essere un campanello d’allarme circa tensioni muscolari che rendono la posizione, che dovrebbe essere quella naturale per potersi rilassare, al contrario molto fastidiosa. In questo caso un incontro con un osteopata specializzato nel trattamento dei neonati e dei bambini potrebbe essere d’aiuto.
Conclusioni
Arrivata al termine di questo articolo mi sento di fare una precisazione: il percorso portato è in continua evoluzione ed è estremamente individuale.
Ciò che era la soluzione migliore per il mio bambino fino a ieri, potrebbe non esserlo oggi.
Le posizioni del portare cambiano in base alle inclinazioni dei bambini.
Non solo durante il percorso ma anche durante l’arco della giornata.
I tempi del portare potrebbero essere molto diversi, da che un bambino passava molte ore durate la giornata in fascia potrebbe ora richiedere non più di mezzora.
Il portare è una modalità di relazione che si concretizza solo basandosi sull’ascolto reciproco e va impostata individualmente mettendo da parte le aspettative. È un ascolto tattile, corporeo, percettivo, quello a cui siamo chiamati quando abbiamo a che fare con un neonato. Il portare sicuramente fa spazio a questo tipo di ascolto, aiuta ad aprire un canale relazionale, anche quando semplicemente non si porta, perché in quel preciso momento non è una modalità gradita dal bambino.
Fabiola