Spiegare la separazione ai bambini, senza caricarli di senso di colpa, coinvolgendoli nella soluzione, forse, migliore per tutti. Come fare?
Spiegare la separazione ai bambini è difficile quando non sappiamo noi stessi, bene, come spiegarla a noi stessi.
A volte le cose non vanno come avremmo voluto e sperato; capita che le strade dei genitori debbano dividersi, nonostante dei figli che amiamo. Perché no, l’amore che ci lega ai figli non è sufficiente per legare ancora noi al nostro partner.
Oggi parliamo di come… imparare a lasciarsi, facendo sì che i bambini soffrano il meno possibile qualcosa che è già, di certo, doloroso per noi.
Nell’articolo di oggi, ovviamente, non parleremo di casi di separazione dovuta a violenza o abusi, perché qui entra in gioco molto altro, altre procedure e altri consigli, altre dinamiche che danno priorità all’incolumità delle vittime di abuso.
Oggi parliamo dei tanti, tantissimi casi in cui ci si lascia “semplicemente” (si fa per dire), perché non si riesce più a stare insieme. Ed è qui che bisogna imparare a lasciarsi, perché anche questa è un’abilità che possiamo imparare, e che deve tenere conto del rispetto dei piccoli.
Strategie e consigli per vivere la separazione in modo più sereno
Ma come fare per separarsi in modo “sereno”, laddove – chi ci è passato lo sa – sembra davvero una contraddizione in termini, un binomio impossibile?
Ne parliamo con Francesca Ribaduo, psicologa dell’età evolutiva, esperta in assistenza alle famiglie in casi di separazione; la dottoressa Ribaudo collabora anche con i tribunali come Consulente Tecnico di Ufficio e Consulente Tecnico di Parte; inoltre lei è anche parte del mio team di pedagogiste a supporto di genitori e famiglie.
Iniziamo a rispondere alla domanda centrale di questo spazio di oggi.
Come separarsi senza far soffrire i bambini?
Partiamo da un consiglio “tecnico” e apparentemente freddo, che poi ci porterà verso approfondimenti più emotivi e consigli pedagogici per gestire, con i vostri figli, questo momento complesso di cambiamento.
Meglio preferire la separazione consensuale a quella giudiziale
La separazione consensuale è quella in cui i genitori concordano le modalità dell’affidamento (il più delle volte congiunto, la decisione più saggia) e le ripartizioni patrimoniali prima di arrivare dal giudice, da soli in via verbale o scritto o anche con il supporto di avvocati. Ma di fatto quando si arriva dal giudice, questo deve solo ratificare quello che è stato già deciso dai genitori.
In questo modo, i tempi sono brevi, i costi sono di gran lunga inferiori e i bambini non entrano nei gironi delle beghe legali.
E se non c’è accordo?
Quando c’è disaccordo tra i genitori, non solo per questioni patrimoniali ma soprattutto per l’affidamento dei figli, il giudice nomina un professionista CTU (Consulente Tecnico di Ufficio), il quale presta giuramento e si interfaccia con un Consulente Tecnico di Parte. Quest’ultimo, uno psicologo con competenze forensi, deve sua volta prestare giuramento (e i tempi si allungano) e lavorare con l’avvocato delle parti, facendo partire una serie di colloqui con i bambini, poi con gli altri familiari (nonni, parenti vicini, ecc), somministrazione di test psico diagnostici per avere un quadro il più chiaro possibile di cosa sia meglio per i figli, in termini di affidamento.
Dunque il CTU stilerà una relazione dal inviare al giudice che avrà l’ultima parola.
Tutto questo dura molto tempo, molti soldi e spesso anche molta più sofferenza.
In tutto questo si inseriscono i bambini.
Divorzio e separazione: come non far soffrire i bambini
Anche la separazione consensuale non è certo la soluzione definitiva, ma solo il primo saggio passo in un percorso più lungo del quale, noi genitori, dobbiamo farci carico comportandoci da adulti.
La consensuale spesso implica rapporti anche solo telefonici quasi quotidiani con l’ex partner, ed è in questa quotidianità che rinascono rancori, dispetti, disaccordi che i figli sentono;
La vera causa della sofferenza, delle difficoltà emotive e comportamentali del bambino non sono causate dalla separazione ma dal conflitto.
Non è la separazione in sé che causa traumi ma il perenne conflitto, che inizia anche prima della separazione.
Anzi, se la separazione è in grado di mettere fine e calmierare quai conflitti che nella quotidianità diventano acredini profonde, la separazione è persino ciò che può far meglio ai figli, attenuando le loro ansie e il loro disagio.
Invece spesso accade che ci separiamo dal partner ma non riusciamo a porre fine al rapporto conflittuale, ed è questo che fa soffrire i figli e insegna loro dinamiche relazionali tossiche che rischiano di trascinarsi dietro tutta la vita.
Un bravo genitore si vede nel momento del divorzio
come spiegare i figli la separazione (o il divorzio)
Ma come spiegare ai bambini il fatto che mamma e papà si stanno separando?
Paradossalmente, la tutela dalla sofferenza della separazione parte molto prima, quando l’ipotesi della separazione non è ancora neanche paventata.
Non litigare davanti ai bambini
I bambini sotto i sei anni attribuiscono al loro comportamento la causa della separazione, e il senso di iper responsabilizzazione è incentivato dalle mille possibili occasioni in cui i genitori hanno litigato davanti ai bambini, prima della separazione, proprio in risposta a qualcosa che è stata detta o fatta dal bambino.
Crescere con la sensazione di essere la causa primaria del divorzio o separazione è lacerante e accompagna anche in età adulta.
Non litigare davanti a loro, soprattutto per cose relative all’educazione e al rapporto con i bambini, è la prima forma di tutela che possiamo mettere in atto, non potendo mai sapere realmente come andrà di qui al futuro la nostra vita di coppia.
Dire chiaramente “Non è colpa tua”
Una delle prime cose da mettere in chiaro quando si spiega la scelta della separazione è dire che “mamma e papà non vivranno più insieme, ma non è colpa tua”; mamma è papà devono essere al centro della responsabilizzazione del racconto di quanto accade, spiegando che a volte litigano, che hanno bisogno di vivere in case diverse, ma che resteranno sempre con loro, saranno sempre mamma e papà.
In questa narrazione non potete non essere uniti: la coppia esiste finché sta bene, mentre la condizione di genitore e quindi anche di diade genitoriale è permanente.
Lavorate sul vostro rancore (anche quando credete di non mostrarlo ai figli)
I bambini vi sentono, anche quando non parlate. Sono piccoli, non sono stupidi:
Il vostro rancore reciproco è veleno tossico per i piccoli (scusa se uso toni forti, ma è inutile mentire).
Lasciarsi vuol dire anche lasciare andare il rancore, per essere migliori e vivere meglio come individui. Questo “lasciare andare” è il punto di ri-partenza per essere ancora bravi genitori che crescono, insieme seppur da lontano, dei figli sereni.
In questo, un percorso di terapia individuale può migliorare la tua vita come persona, come genitore separato e può migliorare la vita dei figli. Potrebbe essere il primo regalo che facciamo a noi stessi, in questa nuova fase della nostra vita.
Non parlare male gli uno degli altri, neanche di sfuggita, neanche con battutine
Affidatevi a professionisti come mediatori familiari, che servono proprio a scegliere e gestire meglio i conflitti, anche dopo la separazione.
Questo aiuto (gratuito) è importantissimo perché non serve certo per far tornare insieme i genitori ma per insegnare loro a lasciarsi.
Non usiamo i figli come strumento di controllo o manipolazione dell’altro
Purtroppo non è scontato: quante volte il genitore dice o scrive “allora chiederò l’affidamento esclusivo”, quante volte genitori non portano i bambini dai nonni come strumento di vendetta e dispetto, quante volte i genitori in fase di separazione negano una chiamata con i figli?
Questa è la cosa più frequente, la tentazione più forte per chi ha dentro molto rancore.
Per proteggere davvero i nostri figli dal dolore di una separazione e farla diventare anche per loro la soluzione migliore, è sul nostro rancore e sui nostri demoni di persone ferite e deluse che serve lavorare.