“Siamo cresciute con lancio della ciabatta e siamo venuti bene lo stesso”.
“Dopo 8 ore di lavoro, mille pensieri stanchezza fisica e mentale.… dateci una medaglia se arriviamo a nanna tutti sereni e senza urla“.
“Siamo troppo stressati per tanti motivi, essere pazienti con un bambino di due anni, senza urlare, è fantascienza”:
Questi sono solo alcuni commenti ad un contenuto di Instagram in cui si consigliavano risposte alternative alle urla e le minacce con bambini piccoli.
Il sunto delle risposte di genitori rassegnati è che, in pratica, le minacce, l’aggressività, sono giustificate dal nostro stress e sono, con i figli, l’unica soluzione plausibile e, comunque, alla fine si viene su bene anche con minacce e punizioni.
Bene, oggi mettiamo in discussione questo punto: ma davvero siamo venuti bene lo stesso?
Dal “lancio della ciabatta” alla botta sul culetto: le conseguenze su di noi di un approccio violento

Lo so, nelle nostre memorie il “lancio della ciabatta” è un episodio ricorrente e raccontato con goliardia e persino con un po’ di nostalgia.
Questo non dipende dal fatto che da piccoli eravamo felici di essere sotto la minaccia delle botte, fossero ciabatte o cinghiate o schiaffi in faccia, ma dal fatto che i bambini amano i genitori e le loro memorie nel passato, soprattutto quando diventano anziani e li vediamo più fragili o quando non ci sono più, tendono a diventare più belle di come erano realmente (anche questa è una forma di sopravvivenza).
Chi ricorda la ciabatta, ha esperito probabilmente anche gli schiaffi; ma parlare del “lancio della ciabatta” è più divertente da raccontare ed più raro leggere “siamo venuti su a suon di schiaffi, silenzi passivi aggressivi e va tutto bene”.
Ed è probabile che le mamme e le nonne che lanciavano la ciabatta non avessero i mille impegni di lavoro che abbiamo noi oggi, eppure anche loro non sapevano controllare le emozioni di rabbia e frustrazione perché anche a loro non era stato insegnato.
Un’educazione basata su paura e la dinamica tossica di premi e punizioni ha creato molti adulti (e anche molti genitori) dipendenti dal parere degli altri, con ansia da prestazione e conseguente insonnia, problemi ricorrenti allo stomaco, disturbi del comportamento alimentare.
Educazione basata sull’impulsività e non sul controllo delle reazioni alle emozioni

Lavoriamo tanto, siamo stressati, non possiamo essere sempre pazienti.
Questa frase mi risuona spesso e, da mamma di due gemelle, con una libera professione in un paese non benevolo verso le libere professioni, con nonni non troppo disponibili e tutte le dinamiche delle famiglie comuni, posso capire cosa significa arrivare stanchi e stressati anche a metà giornata.
Ma riflettiamo un attimo:
non siamo in grado di dire al nostro collega che il suo atteggiamento ci mette stress e ansia,
non ci sentiamo legittimati e liberi di dire al nostro capo ufficio che il suo approccio con noi è sbagliato,
non ce la sentiamo di dire a nostro suocero che è troppo invadente…
ma siamo tranquilli nel giustificare le urla e le minacce ai bambini se non fanno in fretta a mettersi le scarpe per andare a scuola.
Perché legittimiamo la perdita del controllo con i bambini?
Perché (in molti casi) i nostri genitori lo hanno fatto con noi.
La Disciplina Dolce accetta tutte le emozioni, anche le nostre. Accetta l’ira perché secondo la DD il riconoscerla impone il capirne l’origine.
Capire l’origine della rabbia ci aiuta a “gestarla” più che gestirla, lavorarci e indirizzarla nella giusta direzione.
NB: spesso se non riusciamo a “sistemare” le nostre relazioni di lavoro, famiglia, amicizia è perché non ce ne sentiamo legittimati, e questo dipende anche da un’educazione basata sulla punizione e sulla paura. Siamo certi di esser venuti bene lo stesso?
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Comunicazione violenta e/o aggressiva: conseguenze su di noi

La violenza non è solo una sculacciata o uno schiaffo. La violenza è anche un genitore che ci tiene il muso e non ci parla se abbiamo fatto qualcosa di non gradito.
Un bambino di fronte al silenzio di un genitore sente di non esistere più.
Un bambino che affronta prolungati silenzi come forma di punizione (su qualcosa di non ben argomentato) diventa un adulto che usa il silenzio manipolativo oppure, molto peggio, una persona soggetta a manipolazione emotiva da parte, ad esempio, del partner.
Diventa un “people pleaser”, una persona che non accetta di non essere accettata e apprezzata da tutti. E sai perché? Perché agisce l’dea per cui “se non faccio ciò che gli altri trovano giusto… smetto di esistere”.
Siamo certi che quei silenzi punitivi ci abbiano fatto venir su bene lo stesso?
Anche la comunicazione è un veicolo di pace o di violenza, e negli anni in cui il nostro cervello sta imparando a decodificare come si “sopravvive” e come ci si muove nel mondo, essere soggetti ad una comunicazione Violenta o comunicazione Non Violenta fa la differenza su ciò che saremo da adulti.
Siamo noi, persone over trenta, le generazioni dei messaggi passivi aggressivi, o aggressivi e basta, sul web, quelli che il Corriere della Sera ha definito elegantemente “impulsivi digitali”, (eccesso di emotività e la mancanza di autocontrollo che sfocia in messaggi aggressivi, offensivi, molesti e pieni di odio).
Gli aggressivi sul web sono soprattutto persone over 30 e over 40, in barba a chi dice che “la nostra generazione è meglio delle più giovani”.
Non si è sempre fatto così
Chiudo la riflessione fatta oggi con un’informazione mai abbastanza diffusa: non è vero che si è fatto sempre “cosi”.
Da Maria Montessori, passando da Emmi Pikler arrivando persino al capolavoro filmico di Mary Poppins, da almeno 200 anni il mondo della pedagogia e della letteratura ci dice che non si è sempre fatto così e che è sempre il momento giusto per cambiare approccio educativo.
Nell’episodio 66 del mio podcast parlo meglio di come queste tre figure hanno cercato e in parte sono riuscite a cambiare l’approccio pedagogico collettivo, per migliorare il nostro rapporto con i bambini ma anche e soprattutto per creare una società migliore.
TI ASPETTO per fare la rivoluzione insieme
Perché sì, educare bene i nostri bambini e renderli adulti autonomi e felici oltre che rispettosi delle emozioni e delle necessità degli altri è una rivoluzione sociale: come possiamo pensare che possa essere un percorso semplice, fatto di scorciatoie?