Il papà è assente nell’educazione dei figli e nella gestione del menage familiare e la mamma si sente oppressa, appesantita… e arrabbiata. Possiamo cambiare la situazione?
“Beata te, che hai un marito che ti aiuta (con le bambine e a casa)”.
“Hai molta fortuna ad avere un compagno e papà presente come lui!”
“Eh, ma tu hai tuo marito che è bravo… il mio lasca fare tutto a me!”
Queste sono le frasi che, sia dal vivo che nei messaggi privati su Instagram, piovono ogni volta che parlo delle soddisfazioni sul lavoro come educatrice, dei miei pomeriggi fuori con le amiche nonostante abbia due gemelle che vanno all’asilo o di come io e lui abbiamo gestito uno sclero improvviso di una delle due… o di tutte e due insieme.
In questi scambi sento molto dispiacere e necessità di aiuto.
Per questo oggi vorrei parlare con voi del perché alcuni papà “non aiutano” e come fare, da parte nostra, per coinvolgerli in un ruolo che poi, alla fine, li potrebbe rendere davvero felici.
Perché tanti papà “non aiutano”
Partiamo da lontano, cerchiamo di capire le cause di un disagio diffuso, così sarà forse più semplice trovare delle soluzioni.
Siamo reduci di una tradizione educativa in cui il papà è l’autorità di cui si ha paura, anche per via della sua “distanza”, mentre l’onere del quotidiano e della cura è nelle mani della mamma.
La disciplina dolce non ammette figure autoritarie, non ammette approcci del tipo “o le smetti, o le prendi”, frase con la quale i nostri padri e i nostri nonni salvavano la situazione (per loro stessi, non certo per i figli che erano mortificati e zittiti senza comprenderne davvero il motivo).
Se da un lato alcuni papà moderni possono sentirsi spodestati da questo ruolo autoritario ma molto semplice, dall’altro la disciplina dolce li mette di fronte ad un ruolo incredibilmente importante e formativo per il benessere dei piccoli.
Facciamo capire bene ai nostri partner l’importanza che stiamo dando loro ogni volta che chiediamo “aiuto”?
Parliamo di aiuto…
Un altro retaggio molto antico ma duro a morire è il concetto per cui il partner padre debba “aiutare”, come se desse un supporto in un compito che di per sé non è suo.
Anche in questo caso, se da un lato questo approccio gratifica i padri con complimenti facili (non appena giocano con un bambino per cinque minuti iniziano a piovere i commenti tipo “eh… ma che bravo papà”, “eh, ma che bello che ti dia una mano”), dall’altro questo approccio svilisce il loro reale ruolo.
Il papà non “aiuta” perché non è un gregario della mamma, non è un giocatore in panchina che entra in campo quando serve, per una sostituzione al novantesimo.
Il papà è titolare, attaccante e difensore come la mamma.
Come coinvolgere il papà assente nell’educazione dei figli?
La disciplina dolce non è solo un approccio all’educazione dei figli, è uno stile di vita che si impara, è un modo di stare al mondo che rinuncia alla comodità del “si è sempre fatto così” in tutti i fronti. Anche nel rapporto di coppia e nella comunicazione con l’altro.
La disciplina dolce aiuta anche nel rapporto con il partner.
Ecco alcuni punti da mettere in pratica per risolvere la difficoltà di un papà percepito come assente.
Parlatene quando siete soli
Lo sguardo giudicante degli altri è spesso una grande difficoltà per la vita di coppia, anche quando non ci sono figli (figuriamoci quando ci sono).
Se non sei felice della presenza del papà nell’educazione dei piccoli, nelle ore di gioco fatte insieme, nell’impegno nel quotidiano e nella capacità di tenere i figli da solo… non rimproverarlo sempre davanti ad altre persone.
Spesso lo facciamo per cercare supporto, “avvocati” e per poter dire la nostra opinione senza litigare (perché magari davanti ad altri evitiamo).
Ma non è quello che ci fa bene, come genitori e come coppia.
Se il giudizio degli altri non lo vogliamo su di noi, come madri, perché dovremmo imporlo sui padri?
Come comunicare il nostro disagio
La comunicazione non violenta è la sola vera comunicazione possibile, il resto è manipolazione.
“Tu non ci sei mai!” ha e avrà sempre un effetto diverso rispetto al
“Avrei bisogno di averti di più accanto in questa cosa…”
“Tu non giochi mai con i bambini” non avrà l’impatto di un
“Credo che saresti un ottimo compagno di giochi per le bambine e ti divertiresti moltissimo”.
E ancora “Cresci, impara a fare il padre!” otterrà sempre, nella mente del tuo interlocutore, un effetto diverso rispetto a
“Se passassi più tempo con i bambini sia loro che tu sareste più felici, perché saresti/sei molto bravo”.
Il motivo per cui usare questo tono ti sembra pura fantascienza (lo so, per molte di voi è così), dipende dal fatto che a tuo avviso “lui non capirebbe” o dal fatto che tu sei molto arrabbiata e quindi una frase arrabbiata è la cosa più facile per te?
L’aggressività nella comunicazione viene sempre da noi, da quello che sentiamo noi, mai dall’altro.
Dai (davvero) fiducia?
Quante volte, nei primi anni o mesi di vita dei bambini, hai rimproverato il padre per come lo teneva in braccio, per come lo cambiava, e quante volte hai detto “attento, non così”?
Se non lo hai mai detto, passa direttamente al paragrafo successivo.
Se invece ti senti coinvolta, potresti aver creato parte del problema che stai vivendo. Ma non è tardi per rimediare.
I primi mesi sono sfidanti anche per il papà.
Anche lui si trova in una situazione nuova, anche lui deve ri-bilanciare tutte le priorità della vita, anche lui ha un’identità diversa dalla precedente e sì, anche lui ha un peso sociale sulle spalle.
Se tu vivi la pressione dell’essere una buona mamma, lui vive la pressione sociale ereditata dell’essere colui che deve tenere le redini della famiglia.
Se la mamma, cioè tu, la figura centrale della famiglia, non lo incoraggi, potrebbe interiorizzare di essere inadatto o non sufficientemente bravo per quel ruolo.
Potrebbe appoggiarsi all’antico archetipo socialmente riconosciuto del “capo famiglia”, rassicurante ma emotivamente distante, e arrendersi fin da subito sul piano della cura e della presenza, che socialmente viene ancora definita “ruolo di mammo”.
Lui non è il tuo clone, e va bene così
Se da un lato condividere le scelte educative è importantissimo, dall’altro dobbiamo interiorizzare che il padre non è e non sarà mai il nostro clone.
Per cui quando trascorre un po’ di tempo con i bambini o fa qualcosa per e con loro, non arrabbiamoci se non la farà esattamente come l’abbiamo sempre fatta noi.
Anche per i bambini è importante capire che il papà non è la prosecuzione della mamma, ma che esiste un’alterità complementare tra le due figure.
Se interiorizzano che il papà c’è per “sostituire la mamma”, potrebbero facilmente generare avversione per il tempo trascorso con lui, automaticamente associato all’assenza della prima e creare nei papà un nuovo senso di inadeguatezza, a seguito del quale lui “getta la spugna”.
E qui arriviamo all’ultimo punto…
Sei davvero disposta a “fargli fare il papà”?
Il papà non è solo regole e disciplina. Il papà è anche cura, gioco, comprensione, supporto per il bambino.
Se pretendiamo che questo ruolo venga coperto solo quando abbiamo altro da fare, ci sta che si vada incontro a insuccesso, non credi?
Per avere quel padre/partner educatore presente quando ne abbiamo bisogno, dobbiamo lasciare questi spazi di vicinanza emotiva sempre.
Dobbiamo cedere un po’ di quello spazio sacro che la società ci ha tradizionalmente dato, che è spesso delizia e spesso croce.
Datevi tempo
Ricordate i primi tempi della vostra relazione, quando litigavate per cose sulle quali oggi non litigate più e magari ridete?
Quanto ci avete messo per imparare ad essere coppia?
Beh, serve tempo anche per imparare ad essere genitori, quindi non pretendete di trovarvi subito su tutto.
Questo vale, come tutto il discorso fatto nei paragrafi precedenti, per i genitori che non sono più coppia.
La disciplina dolce ci torna utile anche nella relazione con il partner e con gli adulti in generale: i nostri bisogni possono essere espressi dando fiducia e non solo colpe, dando esempi e non solo indicazioni.