Lavoretti all’asilo: ma sono davvero necessari?

Disciplina Dolce

Lavoretti all’asilo: ma sono davvero necessari?

I lavoretti all’asilo danno a noi, ai bambini e alla scuola dei messaggi non sempre “dolci” e condivisibili. Quindi prima di odiarmi perché sono una pedagogista che non ama i lavoretti, fermati un attimo a leggere.

Perché da educatrice e pedagogista sono contraria ai lavoretti che si fanno nella scuola dell’infanzia?

Ci sembravano uno dei pochi punti fermi, in fondo: festa della mamma? Lavoretto con disegnino della mamma e biglietto a forma di cuore.
Festa del papà? Omino con la cravatta tempestata di polverina sbrilluccicosa con filastrocca.

Pasqua? Non vuoi colorarlo un uovo sodo?
E tra Natale, Carnevale, feste di nonni, mamme, papà, Pasqua… un anno intero di asilo se ne va così, tra un lavoretto da mettere in un cassetto o da appendere al muro (da abbattere) e un altro.

No, non ti dirò che non amo i lavoretti perché non so dove metterli in casa (perché con due gemelle piccole, di certo il problema la mole di oggetti non identificati non è più un problema).
I lavoretti, in realtà, è ai piccoli che non fanno bene.

Purtroppo i lavoretti sono diventati una sorta di cliché che non ha molti legami con la crescita, lo sviluppo, l’educazione.

E, punto nodale, non vanno molto d’accordo con l’educazione dolce.

educatrice e consulente per l'infanzia elena cortinovis

I lavoretti servono davvero ai bambini?

Quale è il valore aggiunto, per un bambino, di un lavoretto, che in genere è uguale per tutti i bambini di una stessa classe?

Il “lavoretto” ha un fine che si espleta nel risultato finale: a fine lavoretto, qualcuno (maestre, genitori) diranno “bravo” al bambino per quello che è il risultato finale.
E quel risultato, il bambino al di sotto dei sei anni non solo non lo capisce a pieno, ma lo confonde. E non si è goduto davvero il percorso creativo.

Quello che in ogni cosa è di interesse per il bambino è l’esperienza, non il risultato, mentre il lavoretto all’asilo è un “compito” orientato al risultato finale.


Per un bambino è bello colorare, sporcare e sporcarsi, rimettere a posto i colori, inserire le forme al posto giusto.

Il qui ed ora di ogni attività è quello che serve ai bambini al di sotto dei cinque anni, il cui cervello è immaturo e non può capire il senso del lavoro “compiuto” e non ha interesse per l’estetica finale, men che mai per il concetto di “lavoretto terminato”.

Mi rendo conto che per gli educatori fare il salto e bypassare i lavoretti può essere sfidante, perché non sempre direttori di asili e genitori comprendono, e vi sono davvero vicina.

Leggi anche “Formazione per educatori sulla disciplina dolce”

figlio reale vs figlio ideale

Lavoretto = prestazione e omologazione

Il bambino nella fascia 0-6 quando “lavora” lo fa per esprimere quello che sente, cosa che a parole non sa fare.

Omologarsi in qualcosa di prestabilito, prestampato, limita il processo creativo, limita l’espressione nell’uso dei colori.

C’è un motivo se quando un bimbo ha di fronte dei colori, sceglie uno e non un altro: dentro quella scelta c’è uno stato d’animo che non sa esprimere e che può solo esperire.

La forma di folio A4 o, peggio ancora, una forma più limitata che ha un senso per noi e non per loro.
Un cuore, una stella, un cartoncino a forma di qualcosa non dà molto al bambino, non dà in realtà quasi nulla alla sua crescita e limita moltissimo la sua espressione.

E no, dare importanza alla libera espressione ogni volta che mettiamo i bambini “a lavorare” e a fare qualcosa non è una roba da genitori fricchettoni!
Noi adulti, oppure i bambini al di sopra dei sei anni, abbiamo un cervello più sviluppato e in grado di esprimere, ad esempio attraverso la parola o azioni più coordinate, quello che proviamo.

I bimbi al di sotto dei 5-6 anni hanno solo quel foglio, quei colori, quelle attività per dirci come si sentono e per farlo a modo loro.
Lavorare giorni e giorni a quei lavoretti impedisce alle maestre di “ascoltare” i bambini attraverso i loro colori, le loro forme, le loro scelte di gioco, in cui esprimono anche la loro personalità e temperamento.

(in questa puntata del mio podcast, ti spiego cosa sono temperamento, personalità e carattere nei nostri bambini)

E considerando quanto sono numerose le occasioni per fare lavoretti negli asili, è come attuare una pratica di regolare e scadenzata silenziazione delle loro emozioni, che invece vanno sempre osservate.

Quindi, anche sul piano cognitivo ed emotivo, quei lavoretti possono essere per loro delle piccole grandi prigioni.

Lavoretto + filastrocca da imparare = ansia da prestazione

Imparare una filastrocca all’asilo è una cosa bellissima e utile.
Imparare e cantare tutti insieme una canzoncina è bellissimo e utile, le educatrici e gli educatori che fanno svolgere queste attività sanno bene quanto possono essere divertenti e aggreganti.

Ma se la filastrocca è “per la festa della mamma”, ci sarà il momento in cui, un giorno preciso, più di qualcuno dirà loro
“di la filastrocca per la mamma…” (seguono silenzi e incitazioni)
“Recita la filastrocca imparata all’asilo” (davanti a 10 persone di cui a malapena ricordi il suono della voce)
“Ma come, ieri la sapevi, dai non ti vergognare” (per favore, no!)

La filastrocca è espressione, è divertimento, è creatività ed è anche esercizio mnemonico.
Farla recitare a comando è una richiesta che loro non possono capire, perché i bambini piccoli non hanno ancora gli strumenti per capire quando è il momento giusto per fare qualcosa.

flusso o esperienza ottimale

I lavoretti all’asilo interessano a genitori e educatori, non ai bambini

Altra frase che non vi piacerà, ma so che cercherete di capirla a fondo:

I lavoretti servono soprattutto per dare ai genitori, direttrici e direttori di asilo, un output tangibile delle cose che si fanno negli asili, pubblici o privati che siano.

Il lavoretto serve all’ego dei genitori e degli educatori, non ai bambini.

Per non parlare che quel “ma come sei bravo!!” alla fine o alla consegna del trofeo-lavoretto, loro non lo capiscono bene; il loro cervello immagazzina l’idea che “sono bravo se do qualcosa”… il che, come sapete, non ci aiuta a lavorare nel lungo termine, ma solo per una parvente forma di rinforzo positivo – che, forse, tanto positivo non è.

C’è un altro motivo per cui sarebbe bene uscire dall’idea del lavoretto, te lo svelo nell’episodio 16 del mio Podcast. Ascoltalo QUI:

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